Il piccolo me nasce nei primi anni Settanta, quelli dei pantaloni a zampa d’elefante e le camicie con le punte lunghissime di cui si conservano ancora alcune foto in bianco e nero, come le immagini nel televisore a valvole che si trovava nelle case dell’epoca, perfino i cartoni animati lo erano, nonostante fosse l’inizio del decennio del colore.

Le grandi distese di spazi verdi, i pioppeti, il fiume che scorreva lento oltre l’argine dove correva la strada bianca, testimone silenzioso della mia infanzia, la fontana a getto continuo che ci riforniva di acqua potabile, la raccolta del muschio per il presepe a Natale, la stufa a legna, l’amore dei miei genitori e di mia sorella, sono i ricordi più vividi dell’infanzia; modelli di riferimento necessari per bilanciare quel senso di solitudine causato dalle vicende di allora e dagli scenari condizionanti rimasti impressi nella memoria, che ora sono come fotogrammi che si sbiadiscono con il passare del tempo.

Una famiglia con un patrimonio culturale di tradizione contadina, fatto di cose semplici e valori autentici. Vissuti molto diversi dagli attuali in cui la parola d’ordine era: conquista. Ognuno è figlio del suo tempo, da cui riceve il marchio e l’iniziazione.

Tutto ciò che scopriamo e viviamo nei primi anni di vita rimane inscritto nella nostra memoria emozionale per preparare la strada a ciò che verrà dopo, sentimenti misti di allegria e tristezza tracciano un solco che condiziona il carattere e le relazioni per costruire la propria identità. Spesso è come usiamo quelle emozioni che cambia le sorti del nostro destino, portandoci alla realizzazione o alla frustrazione.

 

Siamo esseri complessi, proiettati perennemente nel futuro e molto poco nel presente, condizionati dal passato attraverso l’eredità degli antenati da cui traiamo protezione, esperienze e onori, ma anche il carico di responsabilità, errori e fallimenti rimasti nella memoria famigliare che ha bisogno di essere guarita.

Durante la vita, le esperienze hanno bisogno di essere integrate nella coscienza per dar loro il giusto senso, riscatti e soddisfazioni dovrebbero bilanciare le mancanze. È importante che ci sia sempre più chiarezza e presenza nelle esperienze e vicissitudini che ci hanno portato alla consapevolezza dell’oggi, e la certezza che ci pensa la vita ad aiutarci a sciogliere i nodi e sistemare gli irrisolti.

Ogni persona è unica nei suoi vissuti, consapevole che il tempo modifica le generazioni; molti scenari sono simili e ripropongono uno stesso film che chi è venuto prima ha già visto e chi verrà dopo vedrà, con altre lenti e sfumature. Ignari di tutto questo, probabilmente ora qualcuno tra i più giovani ci osserva, c’è chi prende esempio e chi le distanze, come è giusto che sia.

Ci si accorge che sono le emozioni e i sentimenti che proviamo che lasciano una traccia profonda sul modo con cui affrontiamo la vita: paura e insicurezza, coraggio e fiducia, gioia e dolore, o un misto di queste.

Ecco quindi le sfide, la vita ci provoca costantemente affinché impariamo a riconoscere gli ostacoli e le difficoltà come stimoli, a diventare resilienti per fortificare la nostra identità e il senso di appartenenza alla famiglia e al luogo in cui siamo nati, senza tuttavia esserne dipendenti. La vita ci insegna a provare un senso di gratitudine verso questi cardini che ci hanno permesso di diventare carne, accettando la perfezione del progetto per la nostra venuta al mondo; a essere come quegli alberi che crescono in terreni impervi e difficili, a cui è richiesto uno sforzo superiore per innalzarsi verso il cielo e nutrirsi della luce del sole.

È la forza che è stata donata ad ognuno di noi e che va risvegliata. Nel fare questo forgiamo il nostro carattere, brilliamo di acume diverso da chi non ha vissuto il dolore, come pionieri impavidi che si spingono verso l’ignoto animati dalla speranza di un domani migliore. Apriamo varchi sull’oltre, verso altre dimensioni dove prima non esisteva alcun passaggio, con la certezza assoluta di trovare il nostro personale tesoro, la ricompensa delle nostre fatiche.

Abbiamo il dovere, come aspiranti eroi che stanno partendo per il viaggio, di riconoscere il disegno divino sottostante il caos, di riportare l’ordine nella nostra vita e trasformare la prova in un’opportunità.

Ispirando le generazioni che verranno, onoriamo questa impresa che non è altro che l’immenso amore del nostro spirito verso l’incarnazione che tanto abbiamo desiderato.

Andiamo a vincere quella sfida che sembrava impossibile.

Dal libro Memorie e Destinotrasformare il passato e liberarsi dal corpo di dolore. Le Due Torri editore

 Andrea Masiero
Counselor e Life Coach, Trainer, direttore dell’Università Popolare Human Project
info@humanproject.it