Siamo immersi nel mondo, ma non esiste un’unica realtà oggettiva: siamo esseri umani, non macchine che agiscono e reagiscono meccanicamente in base alle stimolazioni che ricevono.

Siamo fatti di carne, sangue, ossa, organi, muscoli, e questo è il nostro livello di realtà fenomenica. Ma siamo anche molto altro: siamo anima, emozioni, sensazioni, brividi sulla pelle. Siamo storie. Abbiamo una visione sugli eventi, su ciò che ci succede: abbiamo i nostri sistemi di valore e le nostre credenze.

Le credenze sono le nostre intime mappe per comprendere e interpretare il territorio, la storia che abitiamo, la realtà che viviamo, sono il nostro sguardo di interpretazione sul mondo, non il mondo stesso. Moltissime persone sono convinte di possedere la verità assoluta, ma dimenticano che il loro modo di guardare e percepire un evento è il frutto di un processo interpretativo, di cui spesso nemmeno si rendono conto.

Abbiamo credenze praticamente su tutti gli aspetti della nostra vita, dall’amore alla salute, dal lavoro alle amicizie. E soprattutto, abbiamo delle credenze anche su noi stessi, che influenzano enormemente la nostra autostima. La famosa “profezia che si autoavvera” avviene quando la convinzione che qualcosa possa succedere, porta quel qualcosa a succedere veramente. Le aspettative spingono ad agire in una certa direzione, perciò è più probabile che quella cosa accada realmente: in questo modo la credenza originaria si rafforza, che sia nel bene o nel male.

La nostra natura ci porta a realizzare ciò che già pensiamo, ciò in cui crediamo, ciò che ci aspettiamo, perché partendo da ciò che crediamo vero, ci comportiamo di conseguenza. Se di fronte ad un ostacolo mi dicessi “sono più forte di questo ostacolo, se mi impegno ce la farò”, quanta energia potrei mettere nel tentativo di superare l’ostacolo? Tantissima, e riuscendoci accrescerei la mia fiducia, la mia crescita. E se, invece, di fronte a quello stesso ostacolo mi dicessi “tanto non ho speranze…”, quanto impegno potrei metterci in quel tentativo? Quasi nullo, condannandomi al fallimento e ad una scarsa opinione di me stesso.

Da dove nascono le credenze? Nascono dalle nostre esperienze e da come le interpretiamo. Possono essere successi o fallimenti, gioie o traumi, che hanno influenzato la nostra credenza, la nostra mappa cognitiva. Ma le esperienze non sono soltanto quelle vissute sulla propria pelle: possono essere i racconti di una persona cara, le vicissitudini di un amico, o perfino le storie di cui si nutre il nostro immaginario attraverso film, canzoni, telegiornali…

Noi facciamo parte di un ambiente, di un contesto, ed è inevitabile che quel contesto ci influenzi a fondo. Siamo influenzati non solo dalle credenze nate dalle nostre esperienze dirette, ma anche dai “sistemi di credenze”, ovvero quell’insieme di convinzioni radicate dentro di noi e che trovano la loro origine nei modelli socio culturali che sono il nostro substrato di riferimento. I “sistemi di credenze” condizionano la nostra visione della società in cui viviamo: sono convinzioni che scorrono in modo sotterraneo dentro di noi, sono quei valori o giudizi di riferimento che diamo per scontati e che, proprio per questo, molto spesso tendono a funzionare automaticamente.

Le etichette di “giusto” o “sbagliato” sono delle griglie che ci condizionano nei comportamenti e nelle scelte, in cui si può sentire l’eco della voce condizionante del nostro gruppo, della nostra società, dei nostri antenati. Quando, ad esempio, giudichiamo “sbagliato” il comportamento di una persona che arriva da un’altra zona del mondo, siamo noi che lo pensiamo davvero o stiamo semplicemente prestando la nostra voce alle credenze del nostro gruppo di appartenenza, della nostra famiglia, della nostra religione? Moltissimo di ciò che non fa parte della nostra esperienza diretta di vita è sotto l’influenza dei sistemi di credenze, che abbiamo ereditato da familiari, antenati, concittadini, connazionali…

Gli eventi, quando accadono, non sono mai “puri”: subiscono sempre la nostra interpretazione, che a sua volta dipende dalle nostre credenze e dal sistema di credenze in cui siamo stati plasmati.

Le credenze possono essere potenzianti: sono quelle che ci aiutano a valorizzare le nostre risorse più intime e vere. Sono perciò degli strumenti utili anche per la propria crescita, quando si nutrono di parole afferenti ad una polarità positiva, come la curiosità, l’energia, la leggerezza, il coraggio, la determinazione.

Altre volte, invece, le credenze possono risultare limitanti, disfunzionali, depotenzianti: sono quelle che annebbiano il nostro sguardo su noi stessi, ci fanno perdere di vista il focus, ciò che è veramente importante e prezioso, e danno così origine a comportamenti che ci impediscono di esprimerci in tutte le nostre potenzialità. Cosa sarebbe successo se i più importanti inventori e scienziati della storia si fossero fermati alle credenze limitanti, tipo i “non è possibile!” o semplicemente “non è giusto”?

Le stesse sfide le può affrontare ognuno di noi nel suo percorso di crescita personale, cercando di capire se esistono delle alternative valide ai pensieri limitanti che bloccano lo sviluppo: di fronte ad un ostacolo, perché non affidarsi al coraggio di provare a superarlo o aggirarlo? Le credenze sono come dei filtri potenti posti direttamente sul nostro “sentire”, attraverso cui interpretiamo ciò che accade. Il rischio è quello di non rendercene conto, e di trattare perciò la nostra personale interpretazione come una verità assoluta. Ma se le interpretazioni sono personali, come possiamo pretendere di etichettare le interpretazioni degli altri con le etichette del vero e del falso, del giusto e dello sbagliato?

Se il giudizio non serve, la figura del counselor può essere di grande aiuto nel far comprendere quanto i comportamenti siano strettamente legati ad una credenza o ad un certo sistema di credenze. Le credenze sono comode, sono come pensare con il pilota automatico: lo scopo del counseling dev’essere invece quello di far capire quanto ognuno di noi sia unico e libero, libero di vivere e interpretare la vita nel modo più funzionale alla sua totale espressione.

Articolo di Gennaro Minichini
Counselor in formazione Human Project

minichini.gennaro@libero.it