“Colui che cerca Dio è il più saggio”.
“Colui che ha trovato Dio ha raggiunto il successo più grande”.

Dove splende la Luce
Paramahansa Yogananda

Si rimane troppo tempo, anche per più vite, nella ferrea convinzione che il passaggio di ciascuno sulla Terra sia un mero susseguirsi di giorni da spendere entro un perimetro esperienziale scandito da crescita, conoscenza, affermazione gratificazione e in un contesto ove, chi vince o perde nella roulette della selezione, spende i propri giorni in agevolazioni, talvolta superlative, o sopravvive con limitazioni, talora castranti.

Si tratta, perlopiù, di un approccio causa-effetto e di risposta alle sole esigenze primarie.

Il nutrimento della quota “sensibile” di ogni essere, ovvero il dare valore alla percezione che va oltre i basici e preziosi cinque sensi, al sapere ascoltare la personale predisposizione ad entrare in risonanza con il resto dell’universo, sia esso umano, animale, botanico o astrale, non è affatto un bisogno scontato.

Se in Oriente, senza voler generalizzare, la routine quotidiana è pregna di sacralità, espressa anche in minimi gesti, come un pronam, o un incenso dinanzi ad un’immagine devozionale, in Occidente lo spazio dedicato all’immateriale “soffio vitale” eʼ, al confronto, quantomeno risibile.

Certamente le differenti e più antiche religioni hanno plasmato culture, conoscenze e convinzioni diverse.
Il mondo occidentale non ha partorito alcun Maestro spirituale nelle analoghe epoche.

Gli insegnamenti di Buddha, Maometto, Gesù, Krishna, Confucio hanno intriso prepotentemente le trame sociali, educative, comportamentali dei luoghi in cui hanno vissuto.

I loro insegnamenti sono giunti a noi, non direttamente, ma per opera, spesso alterata, del proselitismo di testimoni o di loro apostoli, attecchendo, ma in misura progressivamente inferiore, anche per l’ormai aperta critica rivolta alle istituzioni rappresentative di alcune di esse.

Chi ha l’opportunità di visitare paesi induisti, resta stupito ed incantato dalla serenità che, trasversalmente alle età, trapela dai visi delle persone, nonostante le condizioni economiche, sanitarie o geopolitiche siano talora assolutamente precarie. Cos’hanno quelle esistenze in più rispetto alle comode, lussuose e tranquille vite della maggior parte degli ansiosi ed insoddisfatti occidentali?

Godono di una costante immersione del quotidiano nell’aura del Divino, ovvero in quell’incrollabile certezza che un Padre Celeste o un Maestro, siano sempre amorevolmente presenti a supporto e conforto, a prescindere da caratteristiche sociali, morali e comportamentali del soggetto. La presenza del Divino “trasforma” ogni accadimento e consente di sperimentare ogni circostanza, umanamente interpretabile come positiva o negativa, come una prova, magari ardua, ma propedeutica ad una conoscenza ed una consapevolezza tese ad affinare ed elevare la propria anima. Tale certezza affonda le radici nel DNA culturale e sociale e viene tramandata e vissuta quasi con scontato dogma in ogni fascia d’età.

In occidente, invece, si giunge di norma in età più avanzata al momento in cui la reiterazione delle quotidianità, orchestrate su spartiti di impegni sempre più pressanti, ad un certo punto “stoni” e crei disarmonia. Per stanchezza fisica, per delusione di risultati, per nausea di ritmi sempre più serrati, o semplicemente per l’esigenza di “quadrare” il bilancio vitale, si percepisce che qualcosa stride. Si intuisce di essersi slegati, di aver lasciato la presa di un centro gravitazionale che consenta di sentirsi connessi ad un diverso polo. Si anela a ristabilire una relazione sino ad allora silente, o volutamente imbavagliata nel passato, per tacitare il tumulto interno e pacificare il proprio essere.

La michelangiolesca “Creazione di Adamo” ripropone non solo e soltanto la rappresentazione del primo contatto tra la creatura umana e il Divino. Il capolavoro esprime anche l’incapacità di quella creatura di mantenere stabilmente quel contatto per la sovrastante attenzione prestata agli interessi terreni verso i cui echi è attratta. Chi avverte quella mano amorevolmente tesa verso di sé, si indirizza su percorsi differenti, giungendo per vie, non sempre facili, per togliere ciò che impedisce il contatto diretto con quell’energia, quella Luce che, pur essendo sempre presente, viene percepita solo dalla cute sensibile, quella che ne sa catturare i benefici aurei. Si diviene allora disponibili ad accogliere una rivoluzione che tutto cambia per permeare di nuova consapevolezza ogni gesto del vivere e del divenire.

 Eʼ unʼevoluzione necessaria “per non rimanere come lʼostrica imprigionata nella tomba silenziosa e fallace” (Platone) del comune modo di attraversare questa esistenza.

Lʼascolto della sensazione di una sorta di insufficienza interiore, di unʼincompletezza del puzzle del proprio sentire, è momento prezioso, poiché, se ascoltato, conduce ad una ricerca per il completamento dellʼimmagine, che sta nel ritrovare lʼappartenenza di ciascuno al Divino.

Una ricerca non più esterna a seʼ, ma interiore, per accorgersi, infine, che il Divino è da sempre liʼ.

Articolo di Beatrice Soave
Counselor in formazione Human Project
Kriyaban di Self Realization Fellowship di Paramhansa Yogananda
mail: bea.soave@yahoo.com